Oggi è il giorno giusto per fare una passeggiata in Campo de’ Fiori. Il 17 febbraio del 1600 il filosofo Giordano Bruno vi fu arso vivo dopo essere stato condannato per eresia. La filosofia di Giordano Bruno, in pieno spirito rinascimentale, si inserisce nel filone del naturalismo.
Egli concepiva il divino come infinito e la natura come sua manifestazione immanente. Formatosi in convento come frate domenicano, fin da subito si dimostrò critico verso i suoi confratelli, che riteneva spesso ignoranti e dediti a piaceri scandalosi. Durante la sua formazione, riuscì a procurarsi di nascosto anche dei libri di Erasmo da Rotterdam, ufficialmente vietati, dimostrando come fosse contrario anche a tali limitazioni dal punto di vista culturale.
I primi problemi giunsero nel 1576, quando parlando con il frate domenicano Agostino da Montalcino mise in dubbio la dottrina trinitaria difendendo il pensiero eretico di Ario. Questi lo denunciò, per cui Bruno decise di lasciare Napoli e trasferirsi a Roma. Anche da Roma però dovette fuggire. Venne infatti accusato di aver commesso un omicidio, probabilmente perpetrato da un suo confratello, e come se non fosse abbastanza, tra i suoi libri nel convento napoletano erano stati ritrovati dei testi annotati da Erasmo Da Rotterdam, per cui fu accusato di eresia.
Dopo un periodo di peregrinaggio nell’Italia Settentrionale, Bruno si trasferì a Ginevra dove per convenienza si convertì al calvinismo, ma anche qui avrà dei problemi. Dopo aver definito “pedagoghi” i pastori calvinisti venne infatti arrestato per diffamazione e costretto a lasciare la Svizzera alla volta della Francia. Lì, dopo aver tenuto con successo delle lezioni sulla filosofia di Tommaso d’Acquino, trovò un posto alla corte di Enrico III di Valois come lettore reale.
Nel 1583 si spostò a Londra e poi ad Oxford per insegnare nella prestigiosa università. Anche da lì però fu costretto ad andare via: le sue lezioni sulla teoria copernicana non furono apprezzate. Di nuovo a Londra, Bruno pubblicò svariate opere tra cui le più celebri che ci sono giunte, ovvero i così detti dialoghi italiani.
Poi di nuovo Parigi, la Germania, Praga, ancora la Svizzera. Nel 1591, egli tornò in Italia, a Venezia, e nel 1592 iniziò a lavorare per il patrizio Giovanni Francesco Mocenigo, impartendogli lezioni di memoria. E questo fece il suo destino. Bruno infatti confessò a Mocenigo di voler tornare a Francoforte per stampare delle opere. Egli, credendo che Bruno cercasse una scusa per interrompere le lezioni, lo denunciò all’inquisizione per blasfemia. Era il 23 maggio 1952, e Giordano Bruno fu condotto nelle carceri di San Domenico a Castello.
In un primo momento venne processato dall’inquisizione di Venezia dove si difese come poteva, anche ritrattando. Poi, Roma chiese l’estradizione. Durante questo secondo processo, egli rifiutò di rinnegare i fondamenti della sua filosofia, ovvero l’infinità dell’universo, la molteplicità dei mondi, il moto della terra e la non generazione delle sostanze. La sua prigionia è riassunta dalle parole del rapper Caparezza: ”Nella cella reietto perchè tra fede e intelletto, ho scelto il suddetto, Dio
mi ha dato un cervello, se non lo usassi gli mancherei di rispetto”.
Il 2 gennaio 1599 venne invitato ad abiurare alcune proposizioni concernenti la sua filosofia. Egli si mostrò disposto ad accettare, ma solo se l’ereticità fosse stata riconosciuta a partire da quel momento, e non da prima. I cardinali inquisitori, tra cui spicca il nome di Roberto Bellarmino, rifiutarono. Da quel momento, Bruno rifiuterà a sua volta di abiurare.
Nudo e con la bocca serrata, il 17 febbraio fu arso vivo proprio lì dove oggi sorge la sua statua. Quando qualche giorno prima fu pronunciata la sua sentenza, Bruno avrebbe replicato:” Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla”. (“Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam”).
Solo 400 anni dopo papa Giovanni Paolo II avrebbe espresso rammarico per questo episodio. Giordano Bruno fu solo una delle numerose vittime dell’inquisizione, una delle forme più drammatiche del controllo che la religione cattolica ha imposto sulla cultura nel corso della sua storia. Non c’è dottrina che abbia il diritto di porre un limite alla conoscenza. Per questo ancora oggi ricordiamo Giordano Bruno.
di Giulia Clarizia
Fonte: https://fondazionenenni.blog/2017/02/17/giordano-bruno-ovvero-leresia-della-ragione/