IL LENTO CAMMINO DELLA CRESCITA DELL’ANIMA

Il lento cammino della crescita dell’anima

Vorrei iniziare con alcune riflessioni circa le più recenti teorie che alcune discipline scientifiche hanno divulgato e sul modo in cui possono essere messe in relazione con il tema della ”nuova Coscienza” del terzo millennio.

 

Partirò dalla fisica quantistica che ha rivoluzionato molti concetti del passato ed aperto nuove strade che anche solo alcuni decenni fa sarebbero sembrate idee balzane di uno scrittore di fantascienza o trucchi di un bravo illusionista, poiché lontane dal pensiero scientifico dell’epoca. Mi riferisco, per cominciare, al pensiero del fisico David Bohm, che ha teorizzato ed esposto in maniera scientifica, un pensiero che in passato era appartenuto esclusivamente alle discipline esoteriche e mistiche, e ad alcuni rami della psicologia umanistica. Bohm sostiene che “nulla ha senso se visto o letto separatamente dal contesto in cui si trova” e, in questo assunto, giunge a modificare sensibilmente le basi del pensiero scientifico newtoniano, rivoluzionandolo fino ad affermare il concetto di indivisibilità del tutto.

Nella visione newtoniana anche la vita, la creatività e l’intelligenza erano per lo più prodotti che seguivano le leggi della materia, per non parlare poi della coscienza che veniva considerata esclusivamente una emanazione del cervello e, pertanto, strettamente connessa ai processi biologici. Questa visione, che ha comunque retto per lunghissimo tempo, è ormai completamente superata dall’osservazione degli atomi – considerati in un primo tempo indistruttibili e indivisibili – che ha portato ad individuare particelle molto più piccole, con un comportamento che sfida apertamente le leggi newtoniane, perché diverso dalle aspettative e dunque non rispondente alle leggi fisiche conosciute.

Gli studi e l’esplorazione del microcosmo hanno rivelato, in sintesi, che ciò che noi vediamo e definiamo “realtà”, fatta di forme solide, ben separate l’una dall’altra e come tali definibili, è invece un’illusione, poiché si tratta di una complessa rete di relazioni e di eventi uniti tra loro, mentre la coscienza che è tutt’altro che un prodotto del cervello, è parte centrale della creazione della realtà in cui viviamo.

L’Universo è un grande Sistema, perfettamente organizzato, al cui interno esistono numerosi sottosistemi ad esso collegati, dove tutto si trova in relazione ordinata e armonica. La materia viene ora vista come qualcosa che può interscambiare con l’energia, e alla luce di questo anche la coscienza diventa parte del tessuto energetico universale e assume un ruolo molto più allargato ed importante di quello che gli è stato dato precedentemente. In quest’ottica possiamo senz’altro essere concordi con la visione di James Jeans che sostiene che “l’universo, più che essere una macchina molto sofisticata, è in realtà più somigliante ad un grande pensiero”.

È vero che questa rivoluzione ha radici lontane: parte infatti precisamente dagli anni ‘30 quando Godel formulò una teoria rivoluzionaria quanto quella della relatività di Einstein. Godel dimostrò che in ogni sistema assiomatico è sempre possibile trovare una proposizione facente parte di quel sistema, quindi vera, ma tuttavia non dimostrabile sulla base degli assiomi che reggono il sistema stesso. In parole più semplici, riuscì a dimostrare che i sistemi basati su assiomi, come ad esempio la matematica, sono incompleti, per cui si è costretti ad operare una distinzione tra verità e dimostrabilità.

Godel – con il suo “Teorema dell’incompletezza” – andò a risvegliare antichi dubbi che erano appartenuti alla filosofia e forse alla teologia; in particolare mise in dubbio la modalità fino a quel momento usata di giustificare il pensiero razionale usando strumenti e metodi del pensiero razionale stesso. In un certo senso obbligò la scienza a chiedersi se i sistemi logico-deduttivi fossero davvero capaci di rispondere alla complessità della vita e al fatto che, quando si pensa che la scienza possa spiegare tutto, ci si accorge che ci sono aspetti che rispondono ad altre regole.

È chiaro che da questo pensiero prese il via, almeno nella mente degli scienziati più audaci ed eclettici, l’idea che le singole parti di un sistema potessero corrispondere e relazionare tra loro con criteri non ancora noti. Un trentennio dopo Godel – esattamente nel 1974 – un altro fisico dimostrò un teorema che Henry Stapp ha definito la più importante scoperta nella storia della scienza: si tratta di John Bell e del Teorema che porta il suo nome, in cui dice che “un universo oggettivo è incompatibile con la legge delle cause locali”. In termini più semplici, “l’universo oggettivo è un universo che esiste separato dalla nostra coscienza”. “La legge delle cause locali” si riferisce al fatto che nella vita dell’universo le cose accadono sempre alla velocità della luce o a velocità inferiori e quindi, per Bell, una totalità invisibile unisce tutti gli oggetti nati nell’universo, e questa totalità significa “separazione senza separatezza” e “realtà senza divisione”, alla condizione di poter varcare la velocità della luce.

Io non sono un fisico e quindi non so spiegare bene la portata di questa scoperta ma credo che Bell abbia scoperto che nell’universo quantico esista una relazione fra tutte le sue componenti, e questo pare molto simile all’assunto delle religioni secondo cui l’uomo, particella subatomica dell’universo, partecipa ad un’esistenza indivisa e indivisibilmente unita con il mondo.

Altre avventure scientifiche attuali sono rappresentate dalle affermazioni del biochimico Lewin, che sostiene che “l’universo è sorto dal gas privo di forma del Big Bang, e da allora è governato dalla tendenza al caos, alla dissoluzione e al disordine, come vuole la seconda legge della termodinamica. Eppure, nonostante questo, l’universo ha sempre creato strutture organizzate a ogni livello. Forse – ipotizza Lewin – la tendenza al caos e al disordine è contrastata da una spinta ugualmente forte che porta verso l’ordine, l’organizzazione e la struttura”. La vita verrebbe quindi a basarsi su teorie di complessità in cui vi sono oscillazioni fra fasi di organizzazione e di ordine, e fasi di entropia tendente al caos: per Lewin la vita e l’uomo sono sistemi autoregolanti e le scienze che li studiano sono sotto il dominio della complessità.

Anche secondo la teoria dei sistemi di Prigogine l’uomo viene visto come una realtà dissipativa che sottrae energia all’universo per sé stesso, causando perturbazioni all’interno della struttura: se le perturbazioni sono piccole vengono assorbite con una certa facilità, se invece sono grandi possono procurare sconvolgimenti nell’intera struttura.

Arriviamo ora a Bohm, collaboratore di Einstein; studiando il grande sistema universo egli teorizzò che le informazioni contenute nella totalità, sono anche contenute in ogni singola parte, e propone quindi un modello OLOGRAFICO, ampliato poi da Pibram, che ribadisce che il cervello umano funziona olograficamente e che in ogni neurone sono impresse tutte le informazioni cerebrali.

In pratica, tutta la base della scienza dal 1930 ad oggi ci ha portati all’Olismo, che racchiude il concetto che tutto è legato ed interconnesso, per cui non si può pensare di agire su una parte senza interferire sul tutto, così come non si può comprendere una parte se non la si vede in rapporto e nel suo legame con il tutto.

Forse proprio nel momento in cui la scienza ha rivoluzionato il proprio modo di leggere e di vedere le cose, la mente dell’uomo era pronta per afferrare questo concetto ed è per questo che negli anni ‘50 hanno preso vita discipline nuove o semplicemente ritrovate, che hanno posto il “Tutto” al centro di qualsiasi studio: dalla medicina, alla biologia, alla psicologia fino ad arrivare a discipline nuovissime come la psiconeuroendocrinoimmunologia e l’ecobiopsicologia, in cui ogni singolo apparato o parte viene visto ed analizzato nel contesto globale in cui si inserisce.

Siamo così arrivati agli studi sul cervello di Eccles e di Sperry che ipotizzano che stiamo arrivando a grande velocità alla sincronicità degli emisferi cerebrali e che tra poco, saremo in grado di utilizzare contemporaneamente sia la parte razionale analitica che quella creativa associativa e che, quando questo sarà fattibile, in noi si manifesterà un cambio a livello di onde cerebrali, che permetterà una diversa assimilazione di ciò che ora stiamo osservando e studiando. Significa, dunque, che con il raggiungimento del sincronismo cerebrale la nostra coscienza si allargherà e ci permetterà di percepire ciò che trascende il visibile, o meglio saremo in grado di andare al di là di ciò che è percepibile dai 5 sensi.

Alla luce di queste nuove teorie scientifiche, possiamo riuscire a comprendere molto meglio la portata del pensiero junghiano. Proprio come ora i fisici hanno aperto la strada per intuire che tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande c’è un unico ed uguale substrato, un filo conduttore che li lega e che non può essere compreso né dall’uno né dall’altro aspetto separatamente, così Jung aveva da sempre intuito l’interconnessione con l’Universo, spiegando questo concetto nella sua magistrale idea di INCONSCIO COLLETTIVO secondo cui, a livello profondo, noi apparteniamo ad un tutto e quindi la nostra coscienza può sicuramente essere influenzata ed influenzare il comportamento altrui, ma può arrivare a influenzare anche i grandi eventi dell’Universo.

In base a questo pensiero, ogni cambiamento che si verifica ad un livello andrà ad influenzare anche gli altri livelli, anche se in apparenza non hanno contatto tra loro. Presupponendo che esista un Centro organizzatore cosmico, dobbiamo quindi ritrovare – per via del “come sopra così sotto” – anche un centro organizzatore all’interno di ogni individuo, e così, analogia per analogia, ad un Sé cosmico possiamo far coincidere un Sé individuale, o meglio un Sé come “centrum del continuum uomo” fatto di parte fisica, mentale ed emozionale. Ed è proprio da qui che dobbiamo partire per ricercare, o forse semplicemente ritrovare, quel perduto interscambio con la Natura, che consenta la trasformazione in contemporanea con tutte le altre forme di vita.

Attualmente, l’intero sistema è sbilanciato per via del pensiero lineare che percepisce solo ciò che giunge attraverso i cinque sensi, ma via via che accrescono le potenzialità si comincerà a percepire l’ologramma attraverso il nostro cervello che è esso stesso un ologramma. Sia Bohm che Pribram ipotizzano teorie che forniscono una visione del mondo molto vicina a quella mistica o a quella orientale. Ciò suggerisce l’idea che noi siamo immersi in due aspetti della realtà molto differenti: il primo, che possiamo definire tendente “all’infrarosso”, rappresenta i sensi e una realtà molto materialistica e limitata che riconosce essenzialmente i corpi fisici in movimento nello spazio, e ci fornisce la descrizione di una realtà a cui abbiamo dato tanta importanza ma che oggi, alla luce delle nuove scoperte, non risulta essere veritiera; il secondo, che è tendente “all’ultravioletto”, accarezza l’idea che noi siamo essenzialmente energia ed informazione anziché materia solida, e che non siamo separati dagli altri esseri viventi o dalla natura poiché ciascuno di noi è connesso a schemi di intelligenza governanti l’intero cosmo. A questo punto, anche il concetto di tempo diventa un’illusione: forse ciò che noi definiamo tempo somiglia più che altro ad un’eternità quantificata.

Il nostro corpo – che noi percepiamo fisico – in realtà è un campo energetico capace di organizzarsi in forme diverse (organi, cellule, apparati, atomi, ecc.) e queste particelle immateriali, una volta aggregate, danno origine alla materia, ma la loro attività consiste per lo più in un grande scambio di energia. Tutto ciò che la fisica, la biologia e le varie scienze stanno scoprendo ci riporta indietro agli studi sulla gnosi; come a dire che i vecchi filosofi, pur non conoscendo la fisica quantistica, avevano già postulato tutti i principali teoremi della fisica moderna e tutto ciò è magistralmente riassunto in una frase di Ermete Trismegisto: “ciò che è in Alto è come ciò che è in Basso” e in alcuni versi della Bahagavad-Gita.

È chiaro che la fisica quantistica non intendeva certo concedere nulla al misticismo, tuttavia due strade – un tempo apparentemente inconciliabili – hanno portato allo stesso crocevia: l’attuale concezione della realtà non può più basarsi sulla separazione ma sulla interazione delle individualità, passo necessario per diventare multidimensionali. In fondo, l’idea partita da Jung, sostenuta da Neumann e da tutta la psicologia umanistica, che porta alla riunificazione dell’Asse IO-SÉ, racchiude i concetti della fisica quantistica, che oggi ci parla di una unità che si è scissa e che deve ritornare ad essere collegata.

La separazione è un’illusione prodotta dal nostro Io, che vuole a tutti i costi riconoscersi come istanza distinta dal resto, esattamente come ha fatto l’uomo fino ad oggi nel volersi riconoscere superiore e dominatore della Natura e del Cosmo. In questo senso di separazione, l’Io lascia in disparte anche aspetti che ci appartengono e che non riconosce: così, come accade per la luce di cui il nostro occhio coglie solo la parte per così dire centrale, non riuscendo a vedere né i raggi infrarossi, che sono quelli più densi, né gli ultravioletti, che sono quelli più sottili e rarefatti, lo stesso accade alla nostra coscienza che non percepisce né la parte più densa e oscura, l’infrarosso che deve essere affrontata e illuminata per poter permettere ai nostri canali superiori di entrare in funzione, né quella del superconscio, l’ultravioletto, che contiene le grandi potenzialità creative e spirituali che sono espressione della vera libertà di cui ognuno dispone e con cui può intervenire sul destino al di là di tutti i blocchi, le paure e i condizionamenti dovuti alle esigenze di adattamento.

Siamo così arrivati a dover sovvertire quello che ci sembra un ordine perfetto: noi abbiamo sempre considerato gli stati “ultravioletti” come un qualcosa di irrazionale, di paranormale, di extrasensoriale e abbiamo confinato questi stati al mondo della fantasia, dell’irrealtà, addirittura della follia… oggi che finalmente sta scendendo il velo di Maja, ci rendiamo conto di essere invece vissuti nella limitatezza, nell’irrealtà, nella percezione assolutamente falsata del mondo, che ci ha imprigionati nel super-potere della nostra mente, capace di sintetizzare solo poche gocce del potenziale che l’intera psiche è in grado invece di accogliere e contenere; così l’uomo, che è una creatura in grado di partecipare alla grandezza della verità e dell’assoluto, si è affidato alla propria mente, chiudendosi in una ristrettezza ed in un senso di separazione da cui solo ora sente di potersi affrancare.

Anche le nuove scoperte della scienza, sembrano riconsegnare all’individuo l’opportunità di aprirsi ad una nuova coscienza, capace di rendersi progressivamente più libera, sottraendosi ai vincoli della materialità e della realtà ordinaria per andare incontro ad aperture in grado di percepirne la parte energetica, preludio dello stato di Unità con il Tutto. È chiaro che, da un punto di vista squisitamente psicologico, tutto ciò ha a che fare con l’annullamento della dittatura dell’Io, poiché occorrerà andare oltre i confini personali; ma oggi è ancora difficile comprendere come potranno essere assorbite e padroneggiate queste energie senza subirne l’inflazione, il fascino pervasivo, e senza scadere in nuove ma deleterie forme di illusione, che ci alienerebbero ancora una volta dal nostro centro.

Ed è proprio qui che dobbiamo essere attenti: dobbiamo essere svegli, dobbiamo non lasciarci più ingannare dalle proiezioni della nostra mente, che in un certo senso ci ha mantenuti schiavi di un lungo sonno, da cui però stiamo lentamente e gradualmente risvegliandoci. Questa è la dimensione della trascendenza, che esiste, qui e adesso. Non è una dimensione strana e parallela, è la nostra dimensione; è la dimensione religiosa della vita, nel suo vero ed autentico significato di re-ligere, ritornare all’unità. La religione in questo senso può essere considerata la più alta forma di psicologia, intesa come scienza dell’anima, anche se oggi si parla molto di mente, di psiche, di intuizioni, ecc. Attraverso il senso religioso della vita, possiamo trovare la più grande forma di psicologia e di psicoterapia e riagganciarci alla via maestra per tornare all’Uno: all’essere in-diviso o meglio “in-dividuo”, come voleva Jung.

Il terzo millennio forse richiede a tutti noi di espandere la coscienza per farci comprendere che la vita non ha alcun senso se non viene messa in relazione a tutto ciò che la circonda, e credo che questo sia anche lo scopo e la filosofia dell’età dell’Acquario. Forse dobbiamo tornare a pensare che Dio non è un un’idea e non è un personaggio in qualche mondo sconosciuto, ma un continente perduto dentro di noi, che dobbiamo ritrovare e riscoprire perché questo millennio avrà bisogno di PARTECIPAZIONE.

Dobbiamo trovare i collegamenti e le vie di accesso al trascendente, al transpersonale, perché solo così l’umanità potrà ricollegarsi alle energie dell’universo: in questi ultimi secoli abbiamo perduto i miti, le religioni, e forse anche i sogni, in una parola ci siamo scollegati dall’anima e così facendo abbiamo avvertito divisione, limitatezza e senso di disintegrazione. Ora siamo alla deriva e stiamo cercando nuove dimensioni di esperienza che ci ricolleghino e ci permettano di integrare il nostro spicciolo mondo personale con quello universale, e forse tutto questo potrebbe arrivare proprio dall’abbandono a quel senso spirituale della vita che è il ponte che ci traghetta verso il Centro a cui siamo collegati.

Ora le porte dell’Eden sembrano essere a portata di mano e si potrebbe compiere quel miracolo che sembra dirci “attenti: quello che vedete, il mondo quotidiano, non è vero, ci sono leggi molto più profonde, molto più vere e molto più comprensibili che si elevano al di sopra della realtà quotidiana a cui diamo così tanta importanza”. Dobbiamo quindi giungere a percepire che esiste un’altra dimensione, quella trascendente, a cui ci può condurre la nostra coscienza, ammesso che riusciamo a percepirla come un qualcosa che ci dà la possibilità di andare oltre le limitazioni del tempo e dello spazio. La nostra coscienza non ha confini, giacché è la parte di noi che può intuire tutto ciò che sta al di là del tempo e della spazio, in territori ancora sconosciuti.

William Penfield – neurochirurgo canadese – nel suo libro “Il mistero della mente” spiega perché la coscienza non sta nel cervello. La sua ipotesi viene ora suffragata da altri studi che suggeriscono che la coscienza non abbia un luogo preciso in cui risiedere, ma sia piuttosto una manifestazione dell’intelligenza o della coscienza cosmica che arriva e fluisce dentro di noi attraverso l’esistenza, il cui ponte di unione è sicuramente la spiritualità.

L’essere umano ha bisogno di ritrovare un contatto con la spiritualità che è lo strumento che lo può riunire alla Fonte originaria. Studi recenti sulle tossicodipendenze e sulle dipendenze in genere sembrerebbero suggerire che questi soggetti hanno un forte bisogno di spiritualità: essa si manifesta con un senso di vuoto assoluto che cerca di venire colmato attraverso sostanze che temporaneamente e impropriamente placano e anestetizzano una coscienza che vuole di più e che vuole andare più in là, in quanto percepisce l’esistenza di un mondo al di là di quello “reale”. Questi nuovi studi ci riportano a ciò che già Jung scriveva a Bill Wilson – fondatore degli Alcolisti Anonimi – sottolineando la confusione che queste persone facevano tra la sete fisica e quella spirituale.

L’essere umano ha bisogno di vivere esperienze transpersonali, poiché ha memoria di un tempo in cui queste erano accessibili attraverso i rituali, i riti iniziatici: vi era dunque una dimensione che creava stati in cui si poteva abbandonare il senso di divisione-separazione; mentre oggi tutto questo è in disuso, tutto viene criticato e rivisitato dalla ragione che analizza, viviseziona e dissacra ciò che non può essere spiegato con la mente, allontanandoci e facendoci vivere un senso di fallimento interiore, che è più un annientamento dell’anima.

Il terzo millennio, a mio avviso, dovrà portare l’uomo a capire che ciò che sta accadendo fuori è semplicemente il riflesso di ciò che accade all’interno della sua psiche e che preme per essere riconosciuto. Forse la nuova “re-ligione” è già presente e anche se non si è ancora rivelata totalmente, ci sono prime avvisaglie che sembrano portare un nuovo modo di pensare e di intendere la divinità, esattamente come è accaduto in passato nei vari passaggi: pensate all’era dell’Ariete che ha visto pian piano gli Dei solari e i miti eroici soppiantare il culto della Grande Madre e della Triade Lunare; pensate all’Era dei Pesci che ha soppiantato il paganesimo, introducendo la visione di un Dio compassionevole e colmo di amore, di pietà e di sacrificio. L’Era dei Pesci ha sicuramente stimolato l’uomo a risvegliare i propri sentimenti ed ideali più nobili, lo ha sedotto con l’idea di essere fatto ad immagine e somiglianza del Dio; oggi, con l’ingresso nell’Era dell’Acquario, forse l’uomo è chiamato a costruire un modello sistemico-complesso, capace di integrare il senso dell’Io e dell’individualità nel rapporto con gli altri e con il ben più vasto mondo della Natura, delle altre forme viventi e del pianeta, recuperando in questo modo il senso dell’universo ed anche della divinità, nell’unione del Tutto.

La nuova Era promuove una visione del mondo che riunisce tutti i livelli: quello personale, quello sociale, quello collettivo e in ultimo quello spirituale, in un modello coerente con il nuovo ordine, che possa andare a riattivare i grandi archetipi universali nel ritrovamento del divenire individuale. Forse l’era dell’Acquario può finalmente dare un senso alla prospettiva, sempre considerata utopica, di Platone che nella “Repubblica” insegue un ideale di esistenza collettiva, costruita in accordo con leggi simboliche rispettose del destino, sia dell’individuo che della collettività.

Questa immagine, questa visione – a lungo dimenticata – oggi torna più che mai a premere al di sotto della nostra coscienza, e lo fa obbligandoci a vedere il senso di alienazione che prova l’uomo dopo essersi allontanato dalla dimensione centrale. Forse, la frammentazione che abbiamo vissuto in questa trascorsa era dei Pesci, in cui abbiamo sperimentato la separazione tra materia e spirito, tra corpo e mente e tra oggettivismo estremo e soggettivismo, è giunta ormai a segnare il suo tempo, e riallacciandoci al concetto di sincronicità degli eventi e all’idea di un tempo acausale, ci sta portando velocemente verso una prospettiva di vita e di realtà più consona e più vicina a tutto ciò di cui siamo parte.

Il reale significato di trascendenza sembra oggi non solo più chiaro, ma anche più a portata di mano: siamo chiamati a trascendere la dialettica limitata e limitante degli opposti, dobbiamo riappropriarci del vero significato degli Archetipi che riuniscono nei loro principi quella sapienza perenne, che non è il frutto di una scienza sperimentale, ma di qualcosa che abbiamo dentro, che scaturisce dal profondo della nostra storia evolutiva e che giunge dal valore sacrale del mondo. Dobbiamo quindi superare le divisioni e trovare un nuovo paradigma in grado di porre fine al conflitto uomo-natura.

Così come sul piano biologico ogni nostra cellula, ogni molecola, organo o apparato funziona in base a precisi eventi che sono tra loro sincronici, ma anche connessi in modo analogico al mondo esterno, anche su altri piani – ci ricordano i filosofi neoplatonici – c’è l’unità delle cose per cui ogni singola cosa è in armonia con sé stessa, e poi con le altre e con tutte le parti che, insieme, costituiscono un unico mondo. Se si riesce a penetrare l’armonia profonda e segreta dell’essere umano, possiamo entrare in risonanza con l’anima mundi collettiva.

L’uomo sta ora comprendendo che la divisione che vive è una prigione per la percezione ed esperienza della vastità che lo circonda. I filosofi, gli artisti, gli psicologi umanisti e i mistici hanno postulato l’idea che esista una coscienza collettiva, da cui ogni singolo individuo può attingere per la propria creatività, e questo deriva dalle sottili connessioni tra le varie esistenze; in pratica, la nostra psiche è collegata allo Spirito del Mondo e questo ci dice che tutto ciò che noi siamo stati, siamo e saremo resterà attraverso i ricordi, le idee e le emozioni e andrà ad alimentare il campo informativo della Terra, il grande pozzo da cui altri uomini attingeranno energia per formulare nuove ipotesi, nuove relazioni e nuove creazioni che alimenteranno in un crescendo continuo l’Anima mundi.

Così la nuova filosofia che sta emergendo, richiede ai singoli individui che le parti più elevate della coscienza e della psiche vengano sviluppate al fine di sintonizzarsi con le energie più sottili, che operano attraverso principi intelligenti sia psichici che fisici. Come a dire che anche il concetto di Dio deve spostarsi dall’esterno per entrare dentro l’uomo: Lui è parte della psiche di ognuno e si cela, per così dire, nel Sé che è il punto di collegamento tra la parte personale e quella divina o trans-personale.

Questo cammino, però, non può avviarsi senza una presa di responsabilità a livello singolo: forse, gli avvenimenti degli ultimi tempi stanno a segnalare che sono finite le scorciatoie; sono finite le proiezioni su capri espiatori che cambiano di volta in volta, permettendoci di continuare a cullarci nell’idea che noi stiamo sempre dalla parte giusta e qualcun altro in quella sbagliata, per cui dobbiamo imparare a riconoscere le nostre grandezze ma anche le nostre piccolezze, evitando di indulgere ulteriormente in autocommiserazioni, che ci consentono atteggiamenti arroganti e intolleranti verso gli altri. Questi tratti ci parlano ancora dell’Io, che essendo piccolo e limitato, è anche incapace di cogliere le impensabili vie della realtà, tra cui quella che in lui vive il divino, il Sé, che in ogni momento può far accadere il miracolo della creazione.

L’Era dell’Acquario ci parla del riconoscimento delle singole creatività e differenze e vede in esse la grande ricchezza con cui la divinità si esprime; ci parla della profonda unità dell’umano che è superiore alle cose che ci dividono; ci ricorda che ciò che noi chiamiamo psiche è una trama in cui sono intrecciati in maniera indissolubile il piano mondano, umano e divino, ed in questo vincolo l’uomo può svilupparsi nel mondo, percepirlo e stare con esso in un continuo scambio energetico. Ragion per cui, accettare e valorizzare gli altri e le loro individualità significa pian piano permettere ad ognuno di esprimersi, ma significa anche accettare il mondo in quanto manifestazione del vivente e del divino.

Questo è in sintesi il principio del pensiero di Lao-Tse che dice: “chi nel suo Sé onora il mondo, a questi il mondo si può affidare. Chi nel suo Sé ama il mondo, a questi il mondo si può consegnare”. Oggi dobbiamo diventare tutti alchimisti e trasformare, attraverso la forza elettrizzante ed unificante dell’amore, prima noi stessi e il mondo circostante e poi quello più allargato, per unirci infine con la coscienza universale. Dobbiamo imparare a vivere allo stesso modo il mondo interno e il mondo esterno, riconoscendo che parlano lo stesso linguaggio simbolico e che noi siamo partecipi di entrambi, proprio come siamo partecipi della totalità.

In conclusione, possiamo dire che oggi, grazie alle nuove potenzialità di crescita della coscienza, l’uomo può raggiungere con maggiore facilità una vera visione olistica di unità e di continuità, e questo, più che un’ipotesi di lavoro, deve diventare una realtà; per riuscire in tal compito dobbiamo però riappropriarci delle capacità analogiche del pensiero metafisico e scalare verticalmente anche gli altri piani dell’esistenza, che non rispondono alle leggi del pensiero razionale, così che le due parti della psiche possano lavorare all’unisono, permettendoci di sentir respirare l’universo con lo tesso ritmo.

Vedere lavorare insieme la logica e l’analogia significa accedere a forme più evolute di conoscenza: entrambe infatti – pur diverse – sono parte di una serie di strumenti conoscitivi che solo se utilizzati insieme possono dar luogo all’evoluzione della coscienza. È indubbio che non si tratta di ritornare a forme di pensiero pre-logiche, ma piuttosto di riappropriarci di un modo antico di cogliere le cose e la loro relazione, senza perdere di vista quegli strumenti discriminativi acquisiti grazie al pensiero razionale.

Giungere ad una sintesi fra queste due potenzialità può donarci l’occasione unica di accedere ad una sensibilità nuova e ad una nuova Anima, che altro non è che il luogo in cui il divino e l’umano si incontrano.

Relazione di Lidia Fassio (Alba, 16 -17 novembre 2002, CONVEGNO INTERNAZIONALE “VERSO LA NASCITA DI UNA COSCIENZA PLANETARIA” CONSAPEVOLEZZA PER VIVERE MEGLIO, organizzato dall’Associazione Amaranto, con il patrocinio del Club di Budapest e della Città di Alba).

Fonte: http://www.convivioastrologico.it/psicologia/alba_lidia.htm