Il processo evolutivo dell’Io nell’Oltre

Si è sempre detto e scritto in teologia e nelle ricerche sul paranormale, che l’Io (o anima) continua a esistere dopo la scomparsa del corpo, in una dimensione “oltre” di vita, caratterizzata da un’incantevole panorama di luce, di gioia, di canto con al centro l’incontro con Dio.

 

Questo è tutto vero. L’anima, dopo aver abbandonato il corpo fisico, si ritrova nel proprio “corpo sottile o astrale”, ed è ora in grado di attraversare luoghi e spazi anche chiusi con facilità e al di fuori delle consuete coordinate geo-temporali. Tale corpo avrà varie fasi nel suo modo di presentarsi e ciò dipenderà dallo stadio di sviluppo dello spirito, fino a giungere alla perfetta luminosità e trasparenza, tanto da essere un “corpo di luce o corpo glorioso”.

Nei primi tempi, come insegna la teologia e come molti eventi straordinari rivelano (presenza di personaggi mai visti che aiutano nei momenti di bisogno e poi scompaiono), esso, sarà “similterreno”, in modo da permettere ai defunti di essere più vicini ai luoghi e alle persone lasciate quaggiù sulla terra. Come si evidenzi una tale vicinanza resta comunque un fatto misterioso. Tutto questo presuppone che si sia soggetti a una continua evoluzione, la cui natura dipende dall’esercizio della propria autodeterminazione e da un codice insito in ciascuno, in base al quale ognuno ha un personale percorso da seguire. Mi sembra interessante riferire, a questo punto, quanto dicono i mistici nelle loro esperienze.

I mistici, si sa, sono coloro che hanno avuto un’esperienza diretta dell’ “Invisibile” con il superamento temporaneo della barriera costituita dai sensi: la psiche cioè è in un contatto immediato, senza veli e ostacoli, con un altro campo di esperienza vissuto come “reale”. Il fisico opera oggettivamente sull’energia-materia, il mistico sull’informazione. Famose, per stare solo ai mistici più importanti, sono le esperienze raccontate e descritte da S. Giovanni della Croce e da Santa Teresa d’Avila con il “Castello di Dio”, dove tutto è luce, canto, ebbrezza spirituale, appagamento totale dell’essere. Non ne mancano altre ugualmente interessanti, fornite da altri mistici, con particolare riferimento allo svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772), al danese Martinus Thomsen ((1890), agli italiani Pietro Ubaldi (1886-1972) e Giovanni Tumino. Tutti affermano l’inesprimibilità in termini verbali di quanto andavano “contemplando”, e dell’evoluzione da un corpo astrale (termine coniato da Hout) a uno spirituale. Sul numero dei “livelli” evolutivi c’è diversità di opinioni: nella sostanza, però, non variano di molto.

Secondo Martinus Thomsen, ci sarebbero tre sfere nello sviluppo della vita nell’Aldilà. La prima è costituita da quella in cui s’incontrano i propri “simili” (Inferno, Purgatorio, Paradiso). La seconda introduce al contatto più ravvicinato con la Luce. La terza è quella in cui il bisogno di compiere il “salto di qualità” verso sfere superiori, si fa impellente e a cui segue una successiva reincarnazione tendente a una sempre più completa purificazione.

Swedenborg sostiene che, appena morti nel corpo, non si sa ancora di esserlo. Nel frattempo ci si trova in possesso di un nuovo corpo perfetto ed efficiente, con una psiche più potenziata nelle sue facoltà. Seguono l’incontro con persone care e l’esame della vita. La sensazione provata è quella di trovarsi in un ambiente sereno, pervaso da una diffusa luce “divina”.

Per altri mistici, i livelli evolutivi sarebbero sette: a ciascuno di essi corrisponderebbe un diverso grado di energia e di vibrazioni. Per G. Tumino il piano evolutivo, simboleggiato nel Sacro Calice, avrebbe queste fasi: regno terreno, regno delle tenebre, avvio col piano astrale (accettazione – smistamento), regno della Luce (con 12 dimensioni), regno di Dio.

In sintesi, potremmo schematizzare come di seguito gli elementi comuni ai vari mistici, nel descrivere il processo del dopo morte:

• La vita continua, come assopita, in uno stato vago e crepuscolare (con il ricordo del nome proprio e di idee legate alla vita terrena).
• Le capacità mentali rimangono integre ma senza sufficiente controllo critico (come nei sogni).
• Pur rifacendosi alle reminiscenze della vita terrena, la mente continua a conoscere con finalità e prospettive nuove.
• Si sviluppano l’intelligenza e la creatività, ma con contenuti avulsi da quelli del proprio immediato contesto.
• Si sviluppa anche la possibilità di confrontarsi e contattare altre vite psichiche “similari” e quelle ancora legate a un corpo terreno. Questi cinque momenti, che si compenetrano tra loro, potrebbero essere altrettante tappe di sviluppo dello psichismo.

Come si può notare, i mistici hanno una visione abbastanza dinamica della loro esperienza dell’Oltre, tutta orientata a una maggiorazione di conoscenza finalizzata al conseguimento del massimo di chiarezza interiore, una sorta di “neghentropia” (=ricchezza) il cui accrescimento o impoverimento sono determinati dall’amore.

In questa sede, però, mi preme soprattutto mettere a fuoco la natura e l’identità di questo “Io” immortale o anima, soprattutto secondo quanto appreso dalle “voci” dall’Aldilà nei tentativi di comunicazione avvenuti grazie a sperimentatori . Queste potrebbero essere connotate come di seguito:

1 – Io-realtà individuale e trasparente
2 – Io-pensante al presente
3 – Io-energia in evoluzione (pur nella diversità degli stadi)
4 – Io-in visione di Dio
5- Io-in aiuto a noi ancora quaggiù
6 – Io-amico sincero
7 – Io-in attesa di altri amici per formare una comune unione.

1. Io-realtà individuale e trasparente.

Dalle molte registrazioni effettuate dai vari sperimentatori risulta abbastanza chiaro il fatto che l’entità comunicante è una individualità ben precisa e inconfondibile, anche se non sempre fa il proprio nome. Parla al singolare come avviene fra un Io e un Tu e mostra di avere pensieri e sentimenti ben formati e compiuti, logici nelle loro sequenze, dotata di quell’insieme di proprietà e strutture interiori che comunemente denotano una persona.

Raramente tale entità usa il plurale: se talora lo fa, è quando intende parlare a nome del gruppo che in quel momento si rende presente. Un’altra caratteristica è che essa è trasparente, limpida, scruta nei pensieri dello sperimentatore, mettendolo quasi in crisi se egli ha qualche riserva mentale, che puntualmente la “voce” fa notare.

Tale trasparenza si manifesta soprattutto nell’invito a essere “puri”, cioè consapevoli che non si può bluffare… né tanto meno da essa è tollerabile il dubbio sulla sua onestà mentale. Le nostre frequenti contorsioni cerebrali e linguistiche non sono da essa gradite, perché indice di sfiducia e di celata presunzione e ciò, in qualche modo, offende la sua disponibilità e la sua bontà, che, in alcuni casi, si esprime in termini coinvolgenti e, perché no, anche commoventi.

2. Io-pensante al presente.

È questo l’aspetto che più convince e impressiona. La “voce” conosce bene lo sperimentatore nell’ “hic et nunc”, le son chiare non solo le condizioni ambientali nelle quali avviene la comunicazione, ma anche e soprattutto quelle psicologiche in cui si trova chi avvia il contatto. Perciò incoraggia, dà suggerimenti, consiglia i modi migliori per superare un eventuale impasse, ma soprattutto offre risposte adeguate e pertinenti ai dettagli della domanda.

Talora, il discorso della “voce” è anche complesso, articolato nelle sue varie fasi e avente lo scopo di rendere il suo pensiero quanto più possibile inequivocabile. Addirittura, alcune volte si appella alla aurea regola della contestualizzazione (“Quando tu non capisci cos’è, collega”), come a voler far capire che la “voce” intende essere compresa nella sua oggettiva valenza, senza con ciò violentare il nostro funzionamento conoscitivo, anzi spronandolo ad attivarsi con più lucida intelligenza. Questo modo di presentarsi della “voce” esclude naturalmente tutte le ipotesi che vorrebbero ridurla a un banale fenomeno di suoni vaganti nell’etere, di relitti di memorie passate o di estrapolazioni da un fantomatico “inconscio collettivo”, la cui esistenza sarebbe tutta da dimostrare.

3. Io-energia in evoluzione.

È questo un aspetto concreto che mi ha fatto molto riflettere. Probabilmente la realtà della “voce”, e quindi dell’Io, è formata da una non facilmente comprensibile “corporeità energetica” costituita da vibrazioni, ovvero quello che in teologia si chiama “corpo spirituale, luminoso, sottile”, capace di attraversare – come testimoniato da Gesù risorto – luoghi, spazi chiusi e lo stesso tempo, rendendosi contemporaneamente presente in più situazioni anche fra di loro lontane.

Naturalmente qui stiamo ragionando di un qualcosa di estremamente difficile da capire e spiegare e, sotto certi aspetti, anche misterioso. Si tratta certamente di una “particolare” forma di energia (quella subquantica?) in grado di pensare, amare, progettare, insomma di vivere una “propria vita” per noi ancora inimmaginabile. Nella fisica attuale tutto questo è ancora inspiegabile e non conosciuto, né si sa se in futuro sarà comprensibile, essendo la misura dell’intima e ultima essenza della spiritualità.

Questo Io-energia si presenta in costante evoluzione, tant’è che nelle sperimentazioni non tutte le risposte sono dello stesso valore e grado conoscitivo: e questo mi sembra naturale perché ognuno ha il “proprio” percorso evolutivo e, quindi, dà quello che tale stadio gli consente di comunicare. Perciò non poche volte capita che le informazioni varino e talora si presentino anche contraddittorie fra di loro: evidentemente la fonte dalla quale originano è di diversa caratura in quanto a sviluppo personale.

4. Io-in visione di Dio.

Un altro elemento che connota la natura dell’anima, così come traspare dalle “voci”, è quello di un Io che parla, discute ed è attratto da una Suprema Bellezza, davanti alla quale ogni parola muore, ogni ragionamento si svuota e l’unica sensazione che si può esprimere, è quella dello stupore e della contemplazione estatica. Senza di Essa la vita dell’Io non si spiega, perché tutto è in Sua funzione. Essa è come un magnete che tutto attira a sé, un grande Tutto in cui ci si immerge, con gradualità, man mano sempre più. In Esso si trova una pienezza di conoscenza, una gratificante risposta, una gioia senza fine che si esterna nel canto e nell’armonia. Davanti a Lui si può dire soltanto, come spesso ripetono le “voci”: “È meraviglioso”. E anche qui ogni suono, che abbia la parvenza di una parola, è costretto a tacere.

5. Io-in aiuto a noi.

Un altro elemento dell’Io, è quello della generosità verso noi uomini ancora quaggiù sulla terra, dell’apertura attenta ai nostri bisogni, della premura con cui ci seguono, dell’aiuto che si fa “vedere” talora anche concretamente. È un Io che più si evolve e più ama ed è altruista, quasi che il suo impulso naturale consistesse nel voler “dare” e “donare” con atteggiamento estremamente “liberale” senza chiedere mai nulla in cambio.

La sua è un’offerta di aiuto che non poche volte precede la domanda, perché esso “legge” nei pensieri umani e nei loro meandri più reconditi. Ovviamente tale sostegno è nella direzione della crescita interiore, della serenità della coscienza e del benessere “integrale” della persona, ben consapevole, com’è l’Io, della sua antica e sofferta esperienza terrena. E anche qui, a volersi addentrare più a fondo in questa dinamica per noi certamente non tanto consueta, la parola umana viene ancora una volta a mancare.

6. Io-amico sincero.

L’aspetto che maggiormente colpisce della natura di questo Io, è l’elemento dell’amicizia. Anche questa è una logica conseguenza della maturità dello Spirito. Con l’abbandono del corpo fisico si lascia anche l’inquieta ombra dell’egocentrismo, della furbizie, dell’ingordo possesso, cioè tutto quell’insieme di comportamenti che creano soltanto divisioni, distinzioni e sciocche e assurde supremazie.

Sembra di rileggere “A livella” di Totò: nell’Oltre si è tutti uguali, tutti amici l’uno dell’altro. Quante volte ho sentito registrata la “voce” che diceva “Io amico”, “Io, tuo amico”, “Qui grande è la nostra amicizia”: parole queste che è facile sentire quaggiù sulla terra, ma difficile, molto difficile, da avvertire nella loro “sincerità”. Nell’Aldilà non esistono il doppio senso, le ambiguità mentali, le tante nostre frequenti scissioni fra “pensiero-parola-azione”: lì vige una profonda e trasparente coerenza, dove tutto è chiarore, limpidezza e spontaneità.

Questo “Io amico” ricorda l’innocenza, la pura e genuina bellezza dei sentimenti, il gusto di vivere nella pace fraterna, la fiducia, il piacere e la certezza di non vedere e sperimentare mai l’onta del tradimento. Un tale Io, dà credito, è generoso, vuole veramente “bene”, spiana e schiude il cuore a una bontà schietta e senza limiti, è veramente la cosa che più rassicura e dona serenità.

Naturalmente, in questa ottica, i precedenti affetti terreni, come pure le vecchie amicizie, si consolidano e si raffinano secondo la logica dell’affinità. Se avere un “amico sincero” significa trovare un “tesoro”, ebbene questo Io nell’Oltre è il simbolo di ciò che dovremmo tutti essere e spesso, purtroppo, non siamo. E ciò è di estremo conforto: almeno Lassù c’è qualcuno che ci guarda e ci segue con tenera, affettuosa, disinteressata attenzione e simpatia. Anche per questo occorre dire un “Grazie” a quel Qualcuno che – quando calerà il sipario della presente commedia umana – ha disegnato per noi questo luminoso “destino”.

7. Io-in attesa di noi, per formare una comune unione.

L’impressione che si ha, sempre relativamente alla struttura di questo Io, è che esso non è chiamato a stare da solo, ma a formare un’unica grande famiglia in stretta comunione con altri Io, con i quali condividere pensieri, canti, espressioni di felicità, sentimenti di intenso ringraziamento per il grande dono del vivere e del conoscere. Questo Io soprattutto ha raggiunto e compreso il “senso ultimo” del reale, scoprendo che questo si identifica nel ritorno a Dio, alla Sorgente da noi tutti direttamente o inconsciamente sempre ricercato con nostalgia. Le stesse “voci”, però, ci tengono a precisare che tutto questo è per loro ancora un mistero, del quale ancora non colgono né la pienezza né la totalità.

Inoltre, in tale fase di più o meno rapido evolversi verso la completa chiarezza e visione di un simile Essere, l’Io, insieme agli altri Io che si trovano nelle stesse condizioni, attende noi ancora quaggiù perché si possa partecipare tutti uniti a questa “festa”, come radiosi abitanti della Città Celeste, tutti con gli affetti e i vecchi legami ritrovati, per non lasciarsi mai più.

In sintesi – per quanto è possibile indagare tali realtà – questi sono i principali elementi che sembrano denotare l’essere e l’agire dell’Io nell’Oltre. Forse, e con molta probabilità, le “sorprese” e le “novità” saranno certamente ancora molte, ma oggi, con gli strumenti conoscitivi fin troppo limitati che possediamo, riusciamo a intuire e intravedere solo questo: un modesto ma meraviglioso e significativo “squarcio panoramico” di ciò che sarà il nostro comune, più o meno prossimo, futuro. E francamente… non è assolutamente cosa di poco conto, anzi.

Diceva S. Paolo che ora scorgiamo il nostro Fine Ultimo solo “in speculo et in aenigmate”, domani Lo vedremo “faccia a faccia così come Egli è”!

Tratto da: Convegno di Bellaria-Rimini, 7/11 aprile 2005

Fonte: https://www.fisicaquantistica.it/spiritualita/il-processo-evolutivo-dell-io-nell-oltre