Leggere ci cambia il cervello

Leggere fa bene, è importante. Lo sentiamo ripetere da quando siamo bambini:  “Apre la mente”, “Si impara a scrivere”, “E’ più utile leggere che studiare”. Luoghi comuni e saggezza popolare a parte, cerchiamo di verificare il fenomeno dal punto di vista scientifico. Esistono diversi studi a riguardo. In generale sembra che la lettura sia un ottima soluzione per rilassarci e contribuisca pure a migliorare la nostra empatia.

Uno studio del 2009 dell’Università del Sussex ha testato livello di stress e battito cardiaco su alcuni volontari che venivano sottoposti a una serie di esercizi. Prove che, in teoria, avrebbero dovuto aumentare questi valori. Ebbene, dopo mezz’ora di lettura, tensione muscolare e battito sono diminuite del 68%, raggiungendo livelli addirittura inferiori rispetto a quelli registrati in partenza. L’esercizio ha rilassato i soggetti più che ascoltare musica: in questo caso i livelli sono scesi del 61%. Meno 42% quando si camminava, solo -21% davanti a un videogioco. Secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, la lettura è così efficace perché totalizzante: concentrandosi su un libro, il cervello si distrae dai suoi stessi muscoli rilassandosi.

Nel 2013, i neuroscienziati della Emor University hanno dimostrato come leggere aumenti le connessioni tra le varie regioni del cervello. E l’effetto dura almeno qualche giorno. Ai volontari che aderivano allo studio si chiedeva di leggere il libro Pompei di Robert Harris tutte le sere, 30 pagine alla volta, per 9 giorni consecutivi. Ogni mattina veniva effettuata una risonanza magnetica funzionale da cui emergeva un aumento della connettività dell’area del cervello associate al linguaggio. Questo senza che i soggetti stessero leggendo in quel preciso momento, il che significava che gli effetti della lettura erano ancora in essere dalla sera prima. E attenzione: l’aumento di connettività si palesava anche nel solco centrale. Per gli studiosi  questo significa che quando leggiamo si possono attivare gli stessi neuroni che lavorano durante un’attività fisica come la corsa, ad esempio.

Curiosità: in base a uno studio del 2012 pare che di fronte a una metafora tattile si attivino le stesse regioni cerebrali che entrano in azione quando effettivamente tocchiamo qualcosa.  Infine un’altra ricerca, sempre della Emor University, dimostra come leggere estratti di letteratura faccia crescere empatia e intelligenza emotiva in misura maggiore rispetto a quando si approcciano testi non letterari. Più leggiamo, più siamo in grado di intuire quello che gli altri pensano.

Sono stati gli scienziati Emanuele Castano e David Comer Kidd della New School for Social Research di New York  a sviluppare ques’ultimo dato attraverso una ricerca considerata ancora controversa. I due ricercatori hanno appunto distinto tra narrativa letteraria e popolare e lo hanno fatto in base ad un criterio simile a quello proposto da Roland Barthes ne Il piacere del testo: c’è un testo di piacere – quello che appaga , aiuta a trascorrere il tempo, ma non richiede al lettore alcuno sforzo di interpretazione né mette in crisi le sue certezze – e il testo di godimento – quello tipico della letteratura classica che per essere letto ha bisogno in una certa misura di “essere scritto”, richiede cioè uno sforzo creativo e destabilizzante.

Per individuare le due categorie  Castano e Kidd si sono serviti della prestigiosa antologia The O. Henry Prize Stories, che raccoglie ogni anno i migliori romanzi in lingua inglese (o tradotti). Tra i grandi autori selezionati, Don DeLillo, Alice Munro, Checov, Marguerite Yourcenar. Sono queste le letture che sviluppano al nostra teoria della mente.

Fonte: http://www.letteratura.rai.it/articoli/leggere-ci-cambia-il-cervello/31752/default.aspx